L’influenza del buddhismo nelle opere di Miyazawa Kenji

8 Dicembre 2025 in Buddhismo, Religione e società

di Mara Natalia Cabras

Miyazawa Kenji (1896-1933), autore giapponese cresciuto secondo gli insegnamenti della Vera Scuola della Terra Pura e successivamente convertito alla Scuola di Nichiren, era solito arricchire le sue opere con simbolismi e riferimenti agli insegnamenti del buddhismo māhāyana. Infatti, la produzione letteraria di Miyazawa fu così tanto influenzata dalla sua fede da essere considerata un vero e proprio strumento educativo e di diffusione della dottrina buddhista.
Tra i racconti più importanti di Miyazawa ricordiamo Indora no ami (La rete di Indra), opera pubblicata postuma nel 1995, che rimanda all’iconografia buddhista. Già il titolo suggerisce il primo di tanti riferimenti a Indra, divinità che estende nel cielo una rete infinita di fili ingioiellati e luccicanti. Procedendo con la lettura si possono cogliere tanti altri simbolismi, tra cui i richiami al Buddha Cosmico Dainichi Nyorai, all’ideale del bodhisattva predicato dal buddhismo māhāyana, al raggiungimento dell’Illuminazione, e così via.
Indora no ami riflette la volontà di Miyazawa di ottenere una vera felicità universale, raggiungibile unicamente grazie al potere salvifico del Buddha. Inoltre, presenta anche numerosi spunti di riflessione sui pensieri più profondi dell’autore e sulla sua fede.

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Cristianesimo e shintō nel periodo Meiji: le esperienze di Sano Tsunehiko ed Ebina Danjō

1 Dicembre 2025 in Cristianesimo, Shintō

di Giacomo Carofiglio

La rivoluzione politica e sociale che caratterizza il Giappone nel periodo Meiji è accompagnata da ampi mutamenti del panorama religioso. L’arrivo delle navi americane, ad esempio, porta per la prima volta nell’arcipelago il cristianesimo protestante, dopo che il cattolicesimo era già stato messo al bando due secoli prima. Allo stesso tempo si assiste alla ridefinizione ideologica dello shintō, reso il pilastro del nuovo Stato formatosi dopo la caduta del bakufu. Se da una parte il governo Meiji era obbligato a tollerare la professione del cristianesimo, al fine di ottenere una revisione dei trattati ineguali da parte delle potenze europee e degli Stati Uniti, dall’altra si acuivano sempre di più i sospetti sui convertiti giapponesi, non considerati sufficientemente leali all’Imperatore. Il presente elaborato si propone di indagare le relazioni tra queste due religioni, definite antitetiche da diversi studiosi dell’epoca, come Aizawa Seishisai (1781-1863). A tale scopo, si è svolta un’analisi delle esperienze religiose di due personaggi come Sano Tsunehiko ed Ebina Danjō. Il primo si impegnò per rinforzare la teologia del culto dei kami al fine di contrastare la diffusione del cristianesimo, mentre il secondo teorizzò un piano di sincretismo tra le due religioni, definito da alcuni studiosi “shintoistic Christianity” (Iwai, 2007).

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Religione e Intelligenza Artificiale: il caso del bodhisattva robot Mindar

24 Novembre 2025 in Buddhismo, Religione e società

di Elisa Fratepietro

La presente ricerca analizza il rapporto tra religione e tecnologia, con particolare attenzione all’integrazione di automi nelle pratiche spirituali, focalizzandosi sul caso del robot Mindar, rappresentazione del bodhisattva Kannon (Avalokiteśvara). Attraverso una panoramica storica che dimostra la presenza di dispositivi meccanici in contesti religiosi sin dall’antichità, lo studio propone un modello classificatorio dei robot in ambito spirituale, distinguendoli per forma e funzione. In particolare, il lavoro esplora come il buddhismo umanistico, corrente contemporanea del buddhismo Mahāyāna, si sia mostrato aperto all’uso dell’intelligenza artificiale come strumento di diffusione del Dharma, in virtù della sua visione non antropocentrica e universalista. Il caso di Mindar solleva questioni teoretiche sul concetto di coscienza, natura di Buddha (busshō) e sul ruolo dei robot come “asceti supremi”. Se da un lato emergono timori legati alla possibile creazione di una religione “automatizzata”, dall’altro il buddhismo propone una via alternativa che include le entità artificiali nel proprio orizzonte etico e rituale. La ricerca evidenzia infine come il buddhismo, grazie alla sua flessibilità dottrinale, possa rappresentare un paradigma fertile per ridefinire i confini tra umano e non umano, offrendo nuovi strumenti per affrontare le sfide spirituali del mondo contemporaneo.

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Le pratiche chinkon e kishin secondo Honda Chikaatsu e come sono state usate nel processo di legittimazione dello shintō

17 Novembre 2025 in Religione e società, Shintō

di Anna Maria Feriozzi

Le pratiche spirituali chinkon 鎮魂 e kishin 帰神, rituali di possessione mediata dalle origini antiche, vennero riscoperti e riformulati da Honda Chikaatsu (1822–1889) nel contesto della Restaurazione Meiji. Attribuendo loro un’origine nei testi fondativi del Kojiki e del Nihon shōki, Honda ne fece strumenti spirituali e ideologici utili alla legittimazione dell’autorità imperiale e alla costruzione di un’identità nazionale. Nonostante le restrizioni imposte dallo Stato Meiji contro le pratiche mistico-religiose che mal si adattavano alla nuova ideologia, Honda riuscì a renderle compatibili con il pensiero nazionalista e il kokugaku, contribuendo così alla diffusione di uno shintō riformulato. Attraverso le sue dottrine spirituali e la sistematizzazione di questi riti, si affermò come figura centrale nel panorama religioso dell’epoca, pur restando marginale nelle fonti ufficiali. Chinkon e kishin assunsero così una doppia valenza — spirituale e politica — diventando elementi funzionali alla propaganda imperiale e alla rivitalizzazione dei santuari locali. Il loro impatto offre uno spunto per riflettere sul ruolo delle pratiche spirituali nella formazione dello Stato moderno giapponese e sull’intreccio tra religione, potere e costruzione dell’identità nazionale.

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