di Giacomo Carofiglio
La rivoluzione politica e sociale che caratterizza il Giappone nel periodo Meiji è accompagnata da ampi mutamenti del panorama religioso. L’arrivo delle navi americane, ad esempio, porta per la prima volta nell’arcipelago il cristianesimo protestante, dopo che il cattolicesimo era già stato messo al bando due secoli prima. Allo stesso tempo si assiste alla ridefinizione ideologica dello shintō, reso il pilastro del nuovo Stato formatosi dopo la caduta del bakufu. Se da una parte il governo Meiji era obbligato a tollerare la professione del cristianesimo, al fine di ottenere una revisione dei trattati ineguali da parte delle potenze europee e degli Stati Uniti, dall’altra si acuivano sempre di più i sospetti sui convertiti giapponesi, non considerati sufficientemente leali all’Imperatore. Il presente elaborato si propone di indagare le relazioni tra queste due religioni, definite antitetiche da diversi studiosi dell’epoca, come Aizawa Seishisai (1781-1863). A tale scopo, si è svolta un’analisi delle esperienze religiose di due personaggi come Sano Tsunehiko ed Ebina Danjō. Il primo si impegnò per rinforzare la teologia del culto dei kami al fine di contrastare la diffusione del cristianesimo, mentre il secondo teorizzò un piano di sincretismo tra le due religioni, definito da alcuni studiosi “shintoistic Christianity” (Iwai, 2007).
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