di Elisa Fratepietro

La presente ricerca analizza il rapporto tra religione e tecnologia, con particolare attenzione all’integrazione di automi nelle pratiche spirituali, focalizzandosi sul caso del robot Mindar, rappresentazione del bodhisattva Kannon (Avalokiteśvara). Attraverso una panoramica storica che dimostra la presenza di dispositivi meccanici in contesti religiosi sin dall’antichità, lo studio propone un modello classificatorio dei robot in ambito spirituale, distinguendoli per forma e funzione. In particolare, il lavoro esplora come il buddhismo umanistico, corrente contemporanea del buddhismo Mahāyāna, si sia mostrato aperto all’uso dell’intelligenza artificiale come strumento di diffusione del Dharma, in virtù della sua visione non antropocentrica e universalista. Il caso di Mindar solleva questioni teoretiche sul concetto di coscienza, natura di Buddha (busshō) e sul ruolo dei robot come “asceti supremi”. Se da un lato emergono timori legati alla possibile creazione di una religione “automatizzata”, dall’altro il buddhismo propone una via alternativa che include le entità artificiali nel proprio orizzonte etico e rituale. La ricerca evidenzia infine come il buddhismo, grazie alla sua flessibilità dottrinale, possa rappresentare un paradigma fertile per ridefinire i confini tra umano e non umano, offrendo nuovi strumenti per affrontare le sfide spirituali del mondo contemporaneo.

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