di Mara Natalia Cabras
Miyazawa Kenji (1896-1933), autore giapponese cresciuto secondo gli insegnamenti della Vera Scuola della Terra Pura e successivamente convertito alla Scuola di Nichiren, era solito arricchire le sue opere con simbolismi e riferimenti agli insegnamenti del buddhismo māhāyana. Infatti, la produzione letteraria di Miyazawa fu così tanto influenzata dalla sua fede da essere considerata un vero e proprio strumento educativo e di diffusione della dottrina buddhista.
Tra i racconti più importanti di Miyazawa ricordiamo Indora no ami (La rete di Indra), opera pubblicata postuma nel 1995, che rimanda all’iconografia buddhista. Già il titolo suggerisce il primo di tanti riferimenti a Indra, divinità che estende nel cielo una rete infinita di fili ingioiellati e luccicanti. Procedendo con la lettura si possono cogliere tanti altri simbolismi, tra cui i richiami al Buddha Cosmico Dainichi Nyorai, all’ideale del bodhisattva predicato dal buddhismo māhāyana, al raggiungimento dell’Illuminazione, e così via.
Indora no ami riflette la volontà di Miyazawa di ottenere una vera felicità universale, raggiungibile unicamente grazie al potere salvifico del Buddha. Inoltre, presenta anche numerosi spunti di riflessione sui pensieri più profondi dell’autore e sulla sua fede.
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