di Caterina Pavan

Gli anni dal 1970 al 1995 in Giappone furono caratterizzati da una profonda incertezza sul piano sociale, economico e politico e dalla paura dell’avvicinarsi di un conflitto finale che avrebbe portato allo sterminio dell’umanità. Anche la cultura popolare rifletté questo profondo senso di crisi e la percezione di una fine imminente: ne sono un esempio i numerosi film di animazione, libri e serie tv incentrati su temi quali la guerra e la devastazione causata da armi di distruzione di massa. Questo immaginario apocalittico influenzò profondamente le generazioni dei più giovani, molti dei quali, abbandonate le lotte politiche e la speranza di un cambiamento della società, trovarono rifugio nel mondo fittizio creato dai media. L’annuncio di un’imminente fine del mondo è un elemento che si ritrova anche in alcune “nuove nuove religioni” giapponesi (shin-shinshūkyō), fra cui Aum Shinrikyō, gruppo religioso fondato da Asahara Shōkō nel 1987 e responsabile dell’attentato al sarin alla metropolitana di Tokyo nel 1995. Fu proprio il messaggio apocalittico proposto da Asahara ad attrarre numerosi giovani, che abbandonarono le proprie famiglie e recisero ogni legame con il mondo esterno per entrare a far parte di comunità dove condurre pratiche ascetiche e seguire gli insegnamenti del guru. Tenendo in considerazione il contesto culturale di quel periodo, questa breve ricerca cerca di ricostruire l’evoluzione dell’immaginario relativo alla fine del mondo presente in Aum Shinrikyō, che mutò a seconda del rapporto del suo leader con la società civile e delle pratiche e dei testi da lui interpretati negli anni. Vengono prese in analisi le varie fasi della dottrina di Asahara, che da un’iniziale momento di apertura verso il mondo si evolse progressivamente verso un messaggio sempre più apocalittico e violento. Viene tracciato infine un profilo dei giovani membri di Aum Shinrikyō e si analizzano le motivazioni che li spinsero ad entrare a far parte delle comunità create da Asahara e che impedirono loro di uscirne o di contrastare l’autorità del loro leader una volta che la violenza rivolta dal gruppo sia verso l’interno che verso l’esterno cominciò a non poter più essere ignorata.

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