di Giacomo Falcinelli

Il cristianesimo in Giappone ha una storia lunga quattro secoli, marcati da situazioni spesso difficili per i fedeli giapponesi. Uno dei principali problemi alla radice delle difficoltà delle comunità cristiane nell’arcipelago è costituito dall’inculturazione, ossia dalla conciliazione apparentemente impossibile tra la religione cristiana, importata dall’Europa, e la cultura giapponese. Questo tema era, ed è tuttora, particolarmente presente nella comunità cattolica giapponese, costretta (al contrario delle comunità protestanti) a dover rendere conto a un’autorità straniera per qualsiasi elemento dottrinale e rituale e, allo stesso tempo, a dover rispettare i propri “doveri culturali” di giapponesi.
Il problema dell’inculturazione della religione cattolica in Giappone ha in effetti una storia più lunga di quanto si possa immaginare: essa ebbe inizio, infatti, già con i primi missionari cristiani, appartenenti all’Ordine dei Gesuiti, giunti nell’arcipelago dal Portogallo nella seconda metà del XVI secolo. Per insegnare ai giapponesi i dogmi e i principi filosofici cristiani, ad esempio, i Gesuiti ricondussero questi ultimi a concetti preesistenti buddhisti. In seguito, durante l’epoca delle persecuzioni e della cacciata dei missionari, le vestigia della prassi inculturativa dei gesuiti portarono le comunità rimaste in Giappone a fondere, più o meno intenzionalmente, la pratica del cattolicesimo con elementi tipici della religiosità di matrice buddhista.
In epoca moderna, con il ritorno dei missionari, la comunità cattolica vide sorgere la concorrenza di altre denominazioni cristiane, oltre che delle nuove religioni. Nonostante la revoca del bando alla religione cristiana, l’atteggiamento del nuovo Stato giapponese nei confronti della religione si fece più duro. L’emergere dello Shintō di Stato come ideologia ufficiale spinse la Chiesa giapponese a diversi compromessi con il Governo giapponese, dovendo adattare la dottrina cattolica alla partecipazione ai riti statali.
Infine, in epoca contemporanea, il mondo cattolico giapponese si è confrontato con l’inculturazione del cattolicesimo romano con rinnovato vigore, non più spinto da necessità pragmatiche ai fini della propria sopravvivenza (rifugio dalle persecuzioni o legittimazione della propria presenza), bensì da innovazioni provenienti dalla Chiesa stessa, sintetizzate nella Costituzione Apostolica Lumen Gentium che costituisce il manifesto del Concilio Vaticano II. Ciò favorì lo sviluppo di espressioni culturali proprie della comunità cattolica giapponese, in ambito sia letterario sia teologico.

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