di Gregorio Engaz

Verso la fine di settembre, nell’anno 1543, per un capriccio del mare una nave cinese, su cui viaggiavano dei mercanti portoghesi, fu scaraventata sulle coste del Kyūshū meridionale, determinando il primo contatto (conosciuto) tra giapponesi ed europei, ma soprattutto il futuro avvento del cristianesimo in Giappone a opera dei gesuiti.
È indubbio che il cristianesimo da quella data abbia vissuto fasi alterne in Giappone, divenendo sia oggetto d’odio, perché giudicato come sovversivo e foriero di pericoli da oltremare (un esempio per tutti: la rivolta di Shimabara-Amakusa), sia fonte di benefici terreni (economici e politici, a fine XVI secolo e anche durante il periodo Meiji e i successivi) e soprattutto di salvezza spirituale.
In questo breve elaborato cercherò di tracciare una panoramica della storia dei rapporti tra cristianesimo e potere politico, tramite l’apporto di testimonianze dirette di esponenti di entrambi i lati. In particolare l’obiettivo che spero di raggiungere è dipingere un quadro d’insieme dei rapporti di accoglienza, ma soprattutto di scontro, che si instaurarono tra cristianesimo e potere politico a partire dalla fine del XVI secolo fino agli anni ’40 del Novecento.

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