di Matteo Nassini

La tutela dei diritti LGBTQ+ nel Giappone contemporaneo ha tutt’oggi un ruolo istituzionale marginale: nel giugno 2020, all’interno di un report commissionato dall’OCSE, il Giappone figura come uno dei 14 paesi membri dell’organizzazione che stentano a istituire leggi che assicurino diritti e inclusione per la comunità LGBTQ+. Anche dal punto di vista sociale, le discriminazioni verso individui queer continuano a essere perpetrate rendendo difficile per essi il mantenimento di una qualità di vita alta e soddisfacente; persino il tema del proprio orientamento sessuale è relegato alla sfera privata, al di fuori della quale acquisisce una certa problematicità.
In tale contesto di diffuso oblio istituzionale, emerge tuttavia la figura del Konkōkyō, un nuovo movimento religioso affiliato alla Kyōha Shintō Rengō Kai, che nel 2018 ha riconosciuto ufficialmente al proprio interno la Konkōkyō LGBT Kai: essa è un’associazione fondata da Inoue Masayuki, sacerdote Konkōkyō apertamente omosessuale, con lo scopo di sensibilizzare la società giapponese presso scuole, università e centri comunitari circa temi LGBTQ+.
La Konkōkyō LGBT Kai, nonostante la gestione individuale di Inoue e il proprio raggio di azione ristretto, rappresenta un importante esempio nel supporto istituzionale verso la comunità LGBTQ+, preludendo a un necessario cambiamento inclusivo su più larga scala.

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